Quando si pensa a Milano, ci sono alcuni luoghi che vengono subito in mente: tra i tanti esempi, ci sono il Duomo, la cui fabbrica non si chiude mai, La scala, discreta nell’estetica ma ingombrante nella sua importanza, la torre Velasca, post-razionalista dalle radici antiche, parco Sempione e la Triennale, la Galleria Vittorio Emanuele II coi suoi negozi e, ovviamente, palazzo sforzesco.
Quest’ultimo, in particolare, ha suscitato a generazioni di milanesi contrastanti sentimenti: simbolo importantissimo di Milano e della sua storia, per secoli è stato per i suoi cittadini l’emblema del giogo straniero e della sua tirannia.
Hanno così tanto odiato quello che rappresentava da tentare di demolirlo più volte.
Nato sotto il governo Visconteo, è passato agli Sforza dopo la breve parentesi della repubblica ambrosiana, fino al 1499, quando cominciò il dominio straniero di Milano sotto i francesi.
Solo dopo l’unità d’Itala e la volontà di riscoprire e ridare lustro ai simboli del potere che finalmente tornavano a non essere simbolo di un’occupazione straniera, che i Milanesi cominciarono a riscoprirlo.
Dal nucleo originale, costruito a metà del XIV secolo fino ad ora, il Castello ha visto festeggiamenti, attentati, giochi di potere e di seduzione, vendette e condanne.
Non è difficile da credere, infatti, che sia il posto più infestato di Milano.
E un fantasma spicca su tutti: quello di Bianca Maria Gaspardone, la contessa di Challant.
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