Tra poco finirò un impegno che è durato troppo tempo e che mi ha fatto provare pentimento ancor prima di cominciarlo.
Il mio errore fu non impuntarmi per evitarlo e cominciare seriamente a pensare alla mia vita e di accettare quello che altri pretendevano da me, ma che era palese anche ai più ottusi che mi avrebbe portato solo male.
Ma si sa: le mie difficoltà altrui sono solo un modo per divertirsi a mortificare (se no perché costringere una persona dislessica a leggere ad alta voce?).
Quello che però, ora, mi mette più ansia è l'idea che non finirà bene e la mortificazione mi si piomberà addosso e io dovrò come al solito rispondere con un sorriso.
Spesso ipocrisia ed educazione si fondono in questi frangenti e io non so distinguerlo.
So che voglio poter evitare di vedere certe persone (che in fondo cattive non sono, ma ormai ci infastidiamo a vicenda) e nonostante la paura dell'ignoto che verrà, sono felice che posso metterci una pietra sopra e ancora provo terrore all'idea che possa non finire per qualche problema burocratico.
E ho già pagato troppo.
Il problema è anche il dopo: il durante mi ha dato così tanti problemi, oltre a un'estrema insicurezza sulle mie capacità (non che fossi uno di quegli individui pieni di autostima), che mi fa guardare con un po' di timore al futuro.
Questa forse è l'unica cosa che non mi piace, perché non vedo l'ora di andare avanti.
E, lo ammetto, di poter pubblicare ancora qualcosa.
Temo di avere l'ossessione di Stephen King per la scrittura, anche se non ne ho il talento. Buffo però: di suo ho letto solo La casa dell Buio, che è in collaborazione con Peter Straub.
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